Non piangete la mia morte
di Bartolomeo Vanzetti
Il 23 agosto 1927, alle ore 0.19, venne giustiziato sulla sedia elettrica Nicola Sacco. Alle 0.26 toccò a Bartolomeo Vanzetti. Due anarchici. Due italiani in un’America che temeva già il comunismo come uno dei peggiori mali di sempre. Ma la storia di Sacco e Vanzetti, accusati di aver preso parte ad una rapina uccidendo un cassiere e una guardia e uccisi sulla sedia elettrica nonostante le prove evidenti della loro innocenza, non si chiuse con la loro morte. La loro è una delle più note storie d’ingiustizia, che va oltre la cronaca per diventare qualcosa di molto più grande e simbolico. In questo volume sono raccolti gli scritti di Vanzetti: Una vita proletaria, una sorta di autobiografia, le Lettere ai familiari e Ultime parole ai giuridi, la requisitoria che fece ai giudici che di lì a poco lo avrebbero condannato a morte. Sono testi che ci parlano di un uomo, dei suoi amori, dei suoi affetti, delle sue debolezze, ma anche della sua ferma idealità politica. E anche del valore assoluto dell’anarchia, che nelle parole del pescivendolo piemontese che divenne simbolo del martirio contro il potere oppressivo si rivela nella sua essenza libertaria, umanitaria, solidale.