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François Truffaut

Gabriele Rizza

«Faccio dei film per realizzare i miei sogni d’adolescente, per farmi del bene e possibilmente fare del bene agli altri».

Quando, nel 1959, sugli schermi dei cinema di Parigi uscì il primo lungometraggio del suo amico e collaboratore François Truffaut, Jean-Luc Godard, appena assurto al rango di leader della Nouvelle Vague dopo l’uscita del suo À bout de souffle, dichiarò: «I quattrocento colpi sarà il film più libero del mondo, moralmente parlando, e anche esteticamente. Sarà un film firmato Franchezza, Rapidità, Arte, Originalità, Impertinenza, Serio, Tragico, Raffreddamento, Ubu Re, Fantastico, Feroce, Amicizia, Universalità, Tenerezza». Nasceva in quel momento uno dei più grandi, sensibili, influenti registi del cinema di tutti i tempi. Un uomo che con le sue storie, il suo linguaggio, il suo amore, avrebbe commosso e coinvolto donne e uomini del nostro mondo per tutti gli anni a venire. Truffaut ha raccontato gli esseri umani e le loro derive con la generosità e l’audacia di un bambino, ma sempre guidato dall’inapparente grandezza dell’autentico genio.

7,51

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